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Studenti di ieri: Insegnanti di domani

Ci sono due cose che ho imparato nei miei tre anni a Lettere Moderne: la prima è che i manuali non si comprano, non tutti almeno. La seconda è che un terzo dei miei colleghi diventerà insegnante perché un professore di italiano lo ha ispirato; un altro terzo diventerà professore perché traumatizzato dal liceo e spera di poter cambiare le carte in tavola; e l’ultimo terzo insegnerà per un breve lasso di tempo, anche se una volta entrato in Facoltà si era ripromesso di non farlo mai.


Tra questi miei colleghi c’è Claudia, una studentessa universitaria nel pieno della sua formazione che si divide tra i banchi dell'Università degli Studi di Milano e l'aula scolastica di una piccola città della Brianza. La sua giovane età può sembrare un limite, ma lei la trasforma in una risorsa preziosa che alimenta la sua passione per l'insegnamento. Sento di poter e dover dare qualcosa a chi ho davanti, senza macchiarmi della presunzione di essere di più, di sapere di più rispetto a loro, ed è questa la forza motrice che vorremmo ritrovare in ciascun educatore.


Il panorama educativo è in costante evoluzione, plasmato dalle rapide avanzate della tecnologia: a guardarci indietro, sembra ieri che la professoressa d’inglese girava tra i corridoi con lo stereo grigio, ormai un ricordo lontano perché i bambini sono preparati e le insegnanti adeguatamente addestrate alla scansione di un Qr Code. Le lavagne non sono più di un nero sbiadito dalle numerose cancellature; sono bianche neon, interattive e non lasciano il segno sulle mani delle maestre. Ma non è solo l'aspetto tecnologico a cambiare: le comunicazioni con le famiglie passano attraverso il rappresentante e i gruppi WhatsApp; si è creata una rete di collegamento virtuale che io non ricordo così fitta alla nostra età. Nemmeno io cara Claudia, le maestre chiedevano di vedere il diario e non sapevi mai se fosse una buona notizia o una comunicazione con la penna rossa.


La filosofia di Claudia si basa su un concetto semplice ma potente: lo scambio reciproco. Consapevole della sua giovane età e della sua relativa mancanza di esperienza, abbraccia l'opportunità di mettersi costantemente in discussione, di interrogarsi su ciò che fa e come lo fa per migliorarsi costantemente. Non ci sono piedistalli o altezze diverse tra noi, loro sono lì per imparare tanto quanto lo sono io da loro.


Tuttavia, un’insegnante nel 2024 è costretto a confrontarsi anche con le nuove attenzioni che si dedicano alla salute mentale e l’impatto che un voto negativo può avere su un bambino così piccolo. Proprio per questo nel 2020 è stata approvata un’ordinanza ministeriale che vedeva sostituire i precedenti numeri, con quattro giudizi più generici, meno qualificativi. Questi giudizi dicono molto poco rispetto all'andamento del bambino, dice francamente. Dovremmo essere noi adulti a cambiare mentalità sul voto, perché i bambini apprendono da noi. Un bambino di 6-10 anni, non è in grado di fruttare autonomamente una mentalità tossica rispetto alle valutazioni, probabilmente non vede nemmeno l’insufficienza come un vero fallimento finché non affronta la delusione dei genitori. 


Parlando della professione docente, Claudia enfatizza la passione e l'impegno come base dell’istruzione, o almeno, così dovrebbe essere. La scuola pubblica italiana ha evidenti lacune che possono essere colmate in molte, ma non tutte (ndr) le istituzioni private: la centralità del benessere dello studente per esempio. Lo posso testimoniare: le scuole private hanno tanti pregi e in alcuni casi offrono più possibilità rispetto alle pubbliche, ma non tutte sono uguali e soprattutto, non tutte sono gestite nello stesso modo. Sfatiamo il grande mito: le scuole in cui compri la promozione pagando le rate esistono, e di certo non offrono un’istruzione migliore di una pubblica; quindi non è tutto oro quel che luccica. Per questo non potrei essere più d’accordo con Claudia quando dice che I soldi non fanno l'istruzione migliore. Una persona che sa tanto non è sinonimo di una che sappia trasmettere altrettanto. 


Uno dei temi più critici che Claudia affronta è la gestione del tempo e dello stress degli studenti. Riconosce l'importanza di insegnare loro il rispetto delle scadenze, ma si interroga sulla necessità di sovraccaricare con compiti e verifiche ravvicinate. Propone una visione più olistica dell'educazione, che tenga conto non solo degli obiettivi accademici, ma anche del benessere psicologico, fisico e sociale degli studenti. 


I tempi sono cambiati e con loro la consapevolezza degli studenti tanto quanto dei docenti. I primi si devono confrontare con la competizione non solo contro gli altri, ma soprattutto contro se stessi. I secondi invece, sono evidentemente limitati dalla loro esperienza da studenti: passare dall’altra parte della cattedra oggi non vuol dire solo accettare delle responsabilità, ma anche accogliere e sfruttare al meglio le possibilità tecnologiche che loro non hanno avuto.


Un ringraziamento speciale a Claudia che si è prestata per raccontarci la sua esperienza.


Alla prossima


V


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Parliamo di una sezione in cui i ruoli erano ben definiti ma uniti nel rispetto e nella collaborazione in vista di uno scopo comune.

 
 
 

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