Numeri a parole
- Valentina Quaranta
- 13 feb 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 29 mar
Liceo Morgagni - La prima scuola senza voti
Dopo 13 anni passati nei banchi di scuola a chiederci perché la scuola fosse obbligatoria, perché ‘i grandi’ parlassero di diritto e non di tortura, qualcuno ha provato a rispondere a tutte queste domande con un esperimento.
Sette anni fa a Roma, il liceo Morgagni apriva le porte a un nuovo metodo di insegnamento: un modo per portare i ragazzi alla maturità preparati, sicuri e consapevoli della loro preparazione. “Non c’è stata né una presentazione, né una scelta, mentre adesso è possibile richiedere la sezione specifica” queste sono le parole di Sofia Schiavone, facendo riferimento alla sezione in cui è stata inserita sette anni fa, quella “senza voti”.
Grazie a lei abbiamo fatto luce su questo progetto scolastico alternativo, ispirato al sistema finlandese che ricordiamo, non prevede alcun tipo di giudizio numerico.
La scuola è fonte di ansia, questa può manifestarsi anche al livello patologico e ci sono studi che lo dimostrano: la stessa Dr.ssa Marta Chemello parla di 'ansia da valutazione' in un articolo pubblicato sul giornale State of Mind nel 2019. In questo scritto la dottoressa tiene a calcare la mano sulle conseguenze che questa patologia riporta sulla performance al livello accademico, ed è esattamente ciò che si vuole ridurre attraverso questo esperimento.
Tante perplessità e tanti pregiudizi si precipitano su questa grande novità: all’inizio parlava principalmente l’invidia di chi non ha potuto vivere gli anni delle superiori con serenità, ora il coro critico deriva dai più scettici. Noi italiani siamo abituati a un approccio tradizionale che prevede lezioni frontali, verifiche e interrogazioni a raffica: la verità è che se non ci fossero forse un po’ ci mancherebbero.
Bisogna precisare che lo slogan “scuola senza voti” è stata promosso e discusso anche superficialmente: la 1°G di Sofia non era una classe in cui gli insegnanti non usavano la penna rossa o non si facevano rispettare: “ogni volta che c’era un problema, noi andavamo in consiglio di classe, parlavamo con i professori e il problema si risolveva, c’era un confronto aperto”.
Parliamo di una sezione in cui i ruoli erano ben definiti ma uniti nel rispetto e nella collaborazione in vista di uno scopo comune. Una lezione frontale a tratti noiosa che spesso diventa un monologo del professore, può trasformarsi in un lavoro di gruppo in cui i ragazzi imparano a comunicare scavando più a fondo nella storia o nella letteratura, senza limitarsi alle dieci pagine del libro di testo; che poi, è quello che i professori si aspettano all’università.
Al posto di un 2 irrecuperabile si può inserire un giudizio di cinque-dieci righe in cui l'insegnante esplicita le lacune che emergono nella prova, che sia orale o scritta, ma anche i traguardi raggiunti dallo studente con l’aggiunta di eventuali consigli su come migliorare le prestazioni future.
Questo approccio è funzionale sia dal punto di vista del docente, che riesce a comunicare in modo diretto ed efficace con il ragazzo, sia per lo studente che sarà più spronato a migliorare la propria performance e non la media scolastica, perché oltre agli errori riuscirà a vedere anche i suoi successi. “La scuola italiana richiede un voto, quindi in qualche modo ce lo dovevano dare questo voto."
Trattandosi di un esperimento, è naturale incontrare degli ostacoli: come è stato detto più volte da Sofia, la scuola italiana richiede un voto alla fine di ogni quadrimestre; quindi, anche al Morgagni nella sezione ‘senza voti ’, venivano consegnate le pagelle.
“Al biennio, il voto della pagella era basato su un unico compito [...] era uguale a tutte le altre verifiche ma noi non concepivamo l’idea, perché quello aveva un voto”. Questa frase dovrebbe far pensare al peso che si attribuisce a un numero, al di là del valore nominale: è evidente che l’ansia da prestazione o “ansia da valutazione” di cui parlava la dottoressa Chemello, deriva proprio da questo.
Al momento della consegna delle verifiche, è istintivo girare il foglio protocollo per guardare il voto senza considerare le correzioni. In alcuni casi questo succede per assicurarsi di non aver fallito e di non aver deluso le aspettative di chi ci circonda, in altri per non temere un calo della media matematica; ma nei casi peggiori, girare il foglio significa ricevere una critica alla propria persona.
Per questo e tanti altri motivi più personali, la classe di Sofia ha cercato un confronto con il corpo docente, al fine di trovare un accordo: “Il voto in pagella non è una media, ma il risultato dell’impegno di tutto l’anno”. I giudizi di cinque-dieci righe nascondono una valutazione che non è necessario sapere fino alla consegna della “pre-pagella”.
Prima di Natale e prima di Pasqua, i ragazzi ricevono una pagella provvisoria in cui vengono riportati i voti di tutte le materie; in questo modo chi fosse insoddisfatto o insufficiente, avrebbe potuto avere un margine di miglioramento nelle ultime settimane.
Questo significa che se qualche studente, come succede anche nelle sezioni tradizionali, non fosse intenzionato a colmare le lacune mostrate nel corso del quadrimestre finale, a discrezione del corpo docente naturalmente, può perdere l’anno.
Il progetto proposto dalla sezione G del Morgagni, si basa soprattutto sulla collaborazione tra docente e studente, ma se questa viene a mancare per la scarsa volontà degli alunni di studiare e impegnarsi, a perderci sono proprio gli studenti.
Dunque: è possibile proporre un progetto di istruzione basato sui giudizi e sulle critiche formative, al posto dei voti? Sembra proprio di sì, ma ci devono essere dei presupposti naturalmente: “Consiglierei la mia sezione a tutti, purché siano consapevoli dell’impegno che questa classe richiede, perché questo è un progetto che funziona se tutti lo fanno funzionare”.
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