La democratizzazione del lusso: il Fashion renting
- Valentina Quaranta
- 29 set 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 26 nov 2024
Abbiamo parlato di fast fashion o fast fashein come l’ho definito (trovate il link sotto questo articolo), ho denunciato la moda istantanea a basso costo, vi ho messo con le spalle al muro sul perché non vi piace inseguire un vostro stile ma ora, oggi, ho la risposta a tutte le vostre scuse.
Se il contrario di cheap è costoso, il contrario della fast fashion è il fashion renting. Sembra davvero essere la soluzione alla nostra smania di apparire senza buttare via uno stipendio. Nato negli States, portato in alto dalla Cina importato in Europa dall’Inghilterra e senza che ce ne accorgiamo si innesta nelle boutique di lusso tra il Duomo e Montenapo come si dice a Milano.
Si tratta di un nuovo trend che non prevede l’acquisto dei capi d’abbigliamento, ma il loro noleggio a prezzi più accessibili: consente di cambiare frequentemente look senza la necessità di accumulare decine di capi nell'armadio. A costo di farsi vedere sempre con un outfit diverso, si è disposti a sacrificare la qualità in nome della quantità, anche per favorire il riacquisto di nuovi capi più alla moda dei precedenti.
Con il fashion renting tutto questo può diventare solo un pessimo errore di gioventù. Da secondogenita conosco bene i vestiti di seconda mano e conosco bene quelle amiche che guardano il tuo armadio con gli occhi a cuore sperando di tornare a casa con un dolcevita in più.
I fortunati primogeniti non comprenderanno l’idea di indossare un capo che ha già vestito qualcun altro, ma sono qui per rassicurarvi. Quando la qualità è alta, i vestiti si conservano meglio e in questo caso non è nemmeno vostro compito lavarli a modo, stirarli, piegarli e conservarli in un qualche scatolone polveroso: il brand da cui noleggiate si prende la piena responsabilità della manutenzione del capo.

Per una cena di lavoro il vestito qui a destra è perfetto: elegante, sobrio, autoritario. Un rosso Valentino originale del 1965, non si trova a meno di seimila euro almeno che non ci si accontenti di una copia venuta male. Ma perché rinunciare alla seta, a un rosso fuoco così identitario e non optare per una democratizzazione del lusso?
Grazie al fashion renting, è possibile accedere a brand di alta moda e lusso che altrimenti sarebbero inaccessibili per molti consumatori a causa dei costi da capogiro. Affittare un abito firmato per un breve periodo consente di vivere un’esperienza esclusiva e di alta qualità senza dover spendere una cifra a sei zeri.
Uscendo dal privato, si può guardare a questo business da un punto di vista aziendale e commerciale che vuole promuovere uno stile di vita, quello del lusso. Il lusso di cui parla questo Valentino del 65’ non è lo stesso lusso di chi usa il Jet privato come taxi.
Il fashion renting è infatti nato dall’esigenza di rispondere a due dinamiche principali: il consumismo di cui abbiamo parlato e la consapevolezza di un abito sostenibile.
Lo sfruttamento e la qualità non sono le uniche problematiche del fast fashion: i consumatori hanno bisogno di rinnovare continuamente il guardaroba, investono un sacco di soldi in vestiti dannosi oltre che di bassa qualità, si crea un fenomeno di sovrapproduzione con conseguenze drastiche e inevitabili anche per l’ambiente.
Non è un segreto l’industria della moda sia una delle più inquinanti al mondo e responsabile di enormi quantità di rifiuti tessili e di emissioni di gas serra, ma tutto questo può essere ridimensionato. Affittare abiti permette di sfruttare al massimo i capi già esistenti, prolungando il ciclo di vita e riducendo la necessità di produrre nuovi vestiti.
Con l’aumento della consapevolezza riguardo alle problematiche ambientali e sociali legate alla moda tradizionale, sempre più consumatori cercano alternative che siano eticamente ed ecologicamente più responsabili. Affittare abiti riduce il numero di capi inutilizzati che finiscono nelle discariche e diminuisce la domanda di produzione di nuovi vestiti, contribuendo così a limitare l'impatto ambientale complessivo.
Un cambiamento visibile è già in atto.
Negli Stati Uniti Rent the Runway ha già mosso i primi passi, HURR nel Regno Unito combatta la fast fashion dal 2018 offrendo un servizio di noleggio, ma anche l’Italia non è da meno. Nel 2014 Federica Storace e Valeria Cambrea hanno creato Drexcode per offrire alle donne una soluzione economica, elegante a portata di mano, l’America non è dietro l’angolo e urgeva un rimedio.
Naturalmente non capita a tutti di avere l’occasione di indossare un Valentino, ma la possibilità di scelta è davvero immensa: Drexcode in particolare veste tutte le fisicità dalla Laurea al Matrimonio, propri o di amici e parenti.
Il gioco è semplice: seleziona un capo, lo affitta per un periodo che varia da pochi giorni a diverse settimane e una volta indossato, lo restituisce. In alcuni casi è possibile anche sottoscrivere abbonamenti mensili che permettono di noleggiare un certo numero di capi ogni mese, avendo così un armadio "virtuale" sempre in aggiornamento.
Il fashion renting non è la soluzione al riscaldamento globale o l’effetto serra, ma promuove una consapevolezza importante di ciò che indossiamo, del materiale che ci avvolge durante il giorno. Fa luce sullo spreco e l'uso di materiali che possono avere diverse funzioni, ma non quella di vestirci.
Apparire non è tutto, ma è molto per noi cresciuti con la tecnologia tra le mani e farlo consapevolmente è l’unico modo per limitare i danni futuri.
Tutto questo oggi è possibile grazie ai millennials e alla Generazione Z: per l’80% dei nati tra il 1995 e il 2010 comprare vestiti usati è un’azione sdoganata. Non saremo mica tutti secondogeniti no?
Siamo figli di e-bay, fratelli di vinted e padri del fashion renting.
V
Kommentare