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La democratizzazione del lusso: il Fashion renting

Aggiornamento: 20 set

Abbiamo parlato di fast fashion o fast fashein come l’ho definito nell’articolo che trovate infondo alla pagina. Ho denunciato la moda istantanea a basso costo, vi ho messo con le spalle al muro sul perché non vi piace inseguire un vostro stile ma ora, oggi, ho la risposta a tutte le vostre scuse. 


Se il contrario di economico è costoso, il contrario della fast fashion è il fashion renting. Sembra davvero essere la soluzione alla nostra smania di apparire senza buttare via uno stipendio.

Nato negli States, portato in alto dalla Cina importato in Europa dall’Inghilterra e senza che ce ne accorgiamo, si innesta nelle boutique di lusso tra il Duomo e Montenapoleone.


Si tratta di un nuovo trend che non prevede l’acquisto dei capi d’abbigliamento, ma il loro noleggio a prezzi più accessibili: consente di cambiare frequentemente look senza la necessità di accumulare decine di capi nell'armadio. Pur di farsi vedere sempre con un outfit diverso, si è disposti a sacrificare la qualità in nome della quantità, anche per vestire secondo i gusti della moda contemporanea.


Con il fashion renting tutto questo può diventare solo un pessimo errore di gioventù. Da secondogenita conosco bene i vestiti di seconda mano e conosco bene quelle amiche che guardano il tuo armadio con gli occhi a cuore sperando di tornare a casa con un dolcevita in più.


I fortunati primogeniti non comprenderanno l’idea di indossare un capo che ha già vestito qualcun altro, ma sono qui per rassicurarvi. Quando la qualità è alta, i vestiti si conservano meglio e in questo caso non è nemmeno vostro compito lavarli a modo, stirarli, piegarli e conservarli in un qualche scatolone polveroso: il brand da cui noleggiate si prende la piena responsabilità della manutenzione del capo. 


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Per una cena di lavoro il vestito qui a destra è perfetto: elegante, sobrio, autoritario. Un rosso Valentino originale del 1965, non si trova a meno di seimila euro almeno che non ci si accontenti di una copia venuta male. Ma perché rinunciare alla seta, a un rosso fuoco così identitario e non optare per una versione piú democratica? 


Grazie al fashion renting, è possibile accedere ai brand dell’alta moda e del lusso che altrimenti sarebbero inaccessibili per molti consumatori a causa dei costi da capogiro. Affittare un abito firmato per un breve periodo consente di vivere un’esperienza esclusiva e di alta qualità senza dover spendere una cifra a sei zeri. 


Uscendo dal privato, si può guardare a questo business da un punto di vista aziendale e commerciale che vuole promuovere uno stile di vita tendenzialmente elitario ed esclusivo. Il lusso di cui parla questo Valentino del 65’ non è lo stesso lusso di chi usa il Jet privato come taxi. 


Il fashion renting è infatti nato dall’esigenza di rispondere a due dinamiche principali: il consumismo di cui abbiamo parlato e la consapevolezza di un abito sostenibile.


Lo sfruttamento e la qualità non sono le uniche problematiche del fast fashion: i consumatori hanno bisogno di rinnovare continuamente il guardaroba, investono un sacco di soldi in vestiti dannosi oltre che di bassa qualità, andando a creare un fenomeno di sovrapproduzione con conseguenze drastiche e inevitabili anche per l’ambiente. 


Non è un segreto che l’industria della moda sia una delle più inquinanti al mondo e responsabile di enormi quantità di rifiuti tessili e di emissioni di gas serra, ma tutto questo può essere ridimensionato. Affittare abiti permette di sfruttare al massimo i capi già esistenti, prolungando il ciclo di vita e riducendo la necessità di produrre nuovi vestiti.


Con l’aumento della consapevolezza riguardo alle problematiche ambientali e sociali legate alla moda tradizionale, sempre più consumatori cercano alternative che siano eticamente ed ecologicamente più responsabili. Affittare abiti riduce il numero di capi inutilizzati che finiscono nelle discariche e diminuisce la domanda di produzione di nuovi vestiti, contribuendo così a limitare l'impatto ambientale complessivo.


Un cambiamento visibile è già in atto.


Negli Stati Uniti Rent the Runway ha già mosso i primi passi, HURR nel Regno Unito combatta il fast fashion dal 2018 offrendo un servizio di noleggio, ma anche l’Italia non è da meno. Nel 2014 Federica Storace e Valeria Cambrea hanno creato Drexcode per offrire alle donne una soluzione economica, elegante a portata di mano, l’America non è dietro l’angolo e urgeva un rimedio.


Naturalmente non capita a tutti di avere l’occasione di indossare un Valentino, ma la possibilità di scelta è davvero immensa. Drexcode in particolare, veste tutte le fisicità, per tutte le occasioni: dalla Laurea al Matrimonio, propri o di amici e parenti. 


Il gioco è semplice: seleziona un capo, affittalo per un periodo che varia da pochi giorni a diverse settimane e, una volta indossato, lo restituisci. In alcuni casi è possibile anche sottoscrivere abbonamenti mensili che permettono di noleggiare un certo numero di capi ogni mese, avendo così un armadio "virtuale" sempre in aggiornamento.


Il fashion renting non è la soluzione al riscaldamento globale o l’effetto serra, ma promuove una consapevolezza importante di ciò che indossiamo, del materiale che ci avvolge durante il giorno. Fa luce sullo spreco e l'uso di materiali che possono avere diverse funzioni, ma non quella di vestirci. 


Apparire non è tutto, ma è molto per noi cresciuti con la tecnologia tra le mani lo è, e farlo consapevolmente è l’unico modo per limitare i danni futuri.


Tutto questo oggi è possibile grazie ai millennials e alla Generazione Z: per l’80% dei nati tra il 1995 e il 2010 comprare vestiti usati è un’azione sdoganata. Non saremo mica tutti secondogeniti no?


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