top of page

Fast Fashein

Aggiornamento: 26 nov 2024

Tra le centinaia di manifestazioni con cui internet ci ha reso la vita più comoda a portata di click, ritroviamo anche il campo della moda.

2020: l'anno in cui oltre alle pizze, la spesa e le mascherine ci arrivavano a casa pacconi di vestiti, la metà dei quali sarebbero tornati indietro. Non che prima non esistesse lo shopping online, ma si coltivava religiosamente il culto delle spese pazze con le amiche il sabato pomeriggio. 


Oggi ogni brand ha una corrispondente vetrina online dove poter selezionare i capi che addosso alle modelle stanno d'incanto, indossati da noi un po' meno. Arrivano a casa in tempo zero per poi fare il reso se ci vestono troppo stretti, ma senza quell’imbarazzo di sfilare fuori dai camerini sotto gli occhi pressanti di sconosciuti.


In fondo perché no? Nessuna fila alle casse, nessuna voglia di uscire e se non fossi ancora convinta, i prezzi online sono più contenuti di quelli in negozio. 

Tutona, ciabatte pelose, fermaglio tra i capelli, occhiali e via allo shopping compulsivo.


Proprio in questa realtà Shein si inserisce alla perfezione. Non molti lo sanno, ma questa azienda di vendita online opera in oltre 100 paesi dal 2008 incontrando molti ostacoli, per lo più legali che per un motivo o per l’altro non sono mai venuti a galla nella conoscenza comune. Ciò che invece è alla luce del sole, sono le politiche eticamente scorrette sia dal punto di vista umano, sia da quello ambientale e hanno innescato in molti una consapevolezza sui prodotti che compriamo. 


Alla conquista del mondo

Mettiamo insieme i pezzi. Shein come tutti sappiamo è un’azienda cinese di fast fashion, essenzialmente vende capi per tutti: donne, bambine, mamme, uomini di tutte le taglie a prezzi stracciati, garantendosi una clientela più affezionata e fedele rispetto a ogni altro brand. 


Nasce come un'azienda rivolta alle donne, in particolare alle future spose, per poi allargare gli orizzonti a cosmetici, accessori di ogni tipo e vestiti di ogni genere. Nel lontano 2010 operava in modo simile a un’azienda di drop shipping qualunque, acquistando articoli dal mercato all’ingrosso come Guangzhou per poi rivenderli a clienti internazionali, tra cui noi italiani.


Non è difficile pensare a come si sia diffusa così velocemente: prima le televendite, poi attraverso fashion blogger, influencer, youtuber che promuovevano questi prodotti nei loro canali social, una strategia marketing che oggi ci si palesa davanti di continuo, ma 10 anni fa era una grande trovata pubblicitaria.


Il marchio negli anni si è evoluto e trasformato per conformarsi alle nuove esigenze comunicative, non seguendo le tendenze ma dettandole. 


Così arriviamo al 2020 che come vi anticipavo è stato un anno cruciale per le aziende di vendita online, in cui Shein ha realizzato un fatturato pari a 10 miliardi di dollari, aumentando le vendite del 100% guadagnandosi il titolo di azienda di moda esclusivamente online più grande al mondo, diventando ufficialmente un rivale di Amazon.


Problemi con tutti

Prima di puntare il dito, facciamo un salto indietro al 2014, così vi spiego come Shein sia riuscita ad accumulare tanto odio dalle sue rivali un po’ come Taylor Swift nel 2017.


Il 2014 è stato l’anno del salto, non oserei dire di qualità, per l’azienda cinese che si era assicurata il proprio sistema di filiera per così dire, aveva implementato il controllo su ogni aspetto della produzione e distribuzione dei suoi prodotti. In altre parole: finalmente ci mette la faccia.


Come ho già detto, Shein dispone di una vasta gamma di scelta: dai jeans alle polo, dalle scarpe ai gioielli ed era inevitabile che prima o poi la somiglianza con i grandi marchi, che invece vantano di un nome e una qualità indiscussa, saltasse all’occhio. 


La grande azienda fu citata nel 2018 da Levi Strauss & Co con l'accusa di aver replicato delle cuciture del più amato brand di Jeans di sempre. Ciò nonostante è riuscita a sotterrare tutto con un accordo extragiudiziario ma di certo i suoi problemi non si fermano qui.


Su una cucitura ci si può mettere d’accordo, ma replicare calzature rivendendole a meno della metà del prezzo originario è intollerabile. Le Dr. Martens sono uniche e nemmeno chiamandole con la 'I' sono riusciti a confondere i consumatori: si tratta evidentemente di un plagio, Shein continua a smentire, ma di fatto le scarpe sul sito non sono più disponibili. AirWair International Limited (azienda alle spalle dei creatori del marchio) lo fa notare e non perdona. 


Non sembra; ma tra tamponi, novax e zone multicolore passano gli anni e i consumatori sono sempre più affamati di capi a basso prezzo, ignari di tutto ciò che succede dietro le quinte. 


È tanto buono e caro, ma se si parla delle sue invenzioni ci fa capire di che pasta è fatto; io non lo so per certo, ma è quello che si dice di Ralph Lauren. Non sembra credere nella buona fede, per lo meno non in quella di Zoetop Business Co, società madre di Shein, denunciata per violazione del marchio e concorrenza sleale.


Potrei andare avanti per ore citando tutte le cause legali in cui si è ritrovata la società cinese proprio per contraffazione. I marchi d’alta moda hanno tanto da perdere, in primis la credibilità e la reputazione, ma non sono gli unici intenti a difendersi, la stessa H&M ha intrapreso la via giuridica per tutelarsi. 


Politicamente scorretto

Usciamo dalle guerre legali e diamo un nome a tutto questo politicamente scorretto. 

Si scrive schiavitù e si legge povertà. Pensiamo che la stragrande maggioranza dei consumatori che comprano da Shein siano adolescenti, e sì; in tanti vestono ancora i panni dello studente medio, ma molti altri faticano ad arrivare a fine mese e per loro Shein risponde all’esigenza di potersi vestire senza perderci lo stipendio.


Lo sfruttamento dei bambini di cui si narra non è solo fantasia: più inchieste (una di queste avanzata da Untold) hanno dimostrato che questi lavoratori fanno turni di 17-18 ore consecutive senza riposo venendo pagati, in rapporto, poco meno di uno stagista in Italia. 


Decidiamo di ignorare la cosa? Può essere una scelta coerente da parte di chi ha vestito Zara o H&M per tutta la vita. I prezzi sono più equilibrati ma il processo è lo stesso. Non giudico.


Parliamo di sostenibilità. E non di quella ambientale perché oramai è difficile trovare un brand 100% eco friendly che sia accessibile a tutti. 


Vengo spesso ridicolizzata (più che io, le mie parole) quando rivendico l’importanza di vestire capi di qualità, specialmente quelli che si indossano a diretto contatto con la pelle. Il cotone è il migliore amico dell’eleganza, perché è quello che non alimenta la sudorazione e che anzi, la traspira non lasciando degli aloni imbarazzanti quando si alzano le temperature (e le ascelle).


A proprosito, Shein è stata oggetto di un'indagine supervisionata da una professoressa dell'Università di Toronto, probabilmente nata dalla mia stessa preoccupazione di sapere cosa sto indossando. Scavando a fondo si è scoperto che alcune giacche per bambini contenevano livelli di piombo venti volte superiori ai limiti di sicurezza stabiliti da Health Canada, mentre un modello di borsa presentava quantità di piombo cinque volte superiori al massimo consentito.


Per darvi un’idea di quanto sia dannoso il piombo sui vestiti in quantità così elevate rispetto al massimo consentito, sappiate che alle donne incinte è severamente vietato indossare capi contenenti un livello anomalo di metalli perché potrebbero causare aborti spontanei. 


Di brand che tentano di nascondere affari loschi e sfruttamenti ce ne sono un’infinità. Partire da Shein per consapevolizzare la comunità è sicuramente positivo, ma facciamolo con cognizione di causa. Zara per esempio, che negli anni si è creata una nomea rispettabile, a un’analisi più attenta nasconde altrettanti scheletri nell’armadio, la differenza è che poi questa rivende al triplo dei prezzi di produzione, Shein no: stessa pasta, diversa marca. 





Non ho l’ipocrisia di dirvi che siete brutte persone se comprate da Shein, io stessa ho comprato dei magnifici costumi ma impariamo a conoscere il limite e farci le domande giuste prima di buttare via i soldi. Ne ho davvero bisogno? Ne vale la pena?


V


1 Comment

Rated 0 out of 5 stars.
No ratings yet

Add a rating
Guest
Jun 30, 2024
Rated 5 out of 5 stars.

Interessante e ben scritto, sono rimasto colpito da alcuni approfondimenti.

Complimenti.

Edited
Like
bottom of page