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Jomo: la gioia di non esserci

Non sei laureato finché non indossi la corona, non hai una vita finché non la metti sui social. Questa è la logica invisibile che segna il nostro tempo, dove esistere è diventato sinonimo di apparire. Se non ti mostri, non esisti.


Viviamo immersi in un flusso costante di stimoli, aggiornamenti e notifiche. Ogni giorno scorriamo centinaia di immagini, storie e frasi brevi: chi è in vacanza, chi ha conseguito la laurea, chi è stato invitato all’evento dell’anno, ma tu non ci sei. 


Le vite degli altri scorrono davanti a noi come trailer patinati di un film che non ci include, e in questo confronto si attiva qualcosa dentro di noi. Un sottile senso di emarginazione, accompagnato da un’eco interiore che ci spinge a chiederci: “E io, dove sono?”


I nostri genitori alla nostra età non erano così esposti, nessuno ci ha educato a questa ipervisibilità, a credere che la vita debba essere non solo vissuta, ma anche raccontata. Oggi non basta essere: bisogna esserci. 


La spontaneità cede alla strategia, e l’intimità si piega alla logica della performance. Siamo protagonisti delle nostre esperienze, ma vorremmo esserlo anche di quelle altrui, costruendo una narrazione avvincente, affinché anche gli altri bramino di far parte della nostra esperienza. 


Questa visibilità ha un costo. Lo paghiamo quando rimaniamo ai margini, quando scegliamo — o ci troviamo costretti — a non partecipare. La sensazione di essere esclusi, l’ansia che proviamo al pensiero di perderci momenti che sembrano indimenticabili, ha un nome: FOMO, ovvero Fear of Missing Out. È la paura di non essere presenti nel grande racconto collettivo, la convinzione che, se non ci siamo, semplicemente, non esistiamo.


Il bisogno di appartenenza si colloca tra i cinque bisogni primari dell’essere umano, e la FOMO agisce proprio su questa necessità fondamentale: abbiamo bisogno di essere riconosciuti e di far parte di qualcosa di più grande.


Ma cosa accadrebbe se ci fermassimo? Se smettessimo di inseguire la narrazione perfetta? Se rinunciassimo all’obbligo di essere sempre presenti?


In quel momento potrebbe nascere qualcosa di nuovo: una contro-narrativa gentile e liberatoria, la JOMO, ovvero la Joy of Missing Out. È la gioia autentica e profonda di non esserci, la felicità del lasciar andare.


La consapevolezza che perdersi qualcosa non significa smarrirsi, ma piuttosto ritrovarsi. La JOMO non è un rifiuto del mondo; è un modo diverso di viverlo, caratterizzato da più silenzio, intimità e verità. Questa rappresenterebbe una piccola rivoluzione interiore, se solo avessimo il coraggio di abbracciarla.


JOMO: Una Nuova Filosofia dell'Esistenza

La gioia di perdersi alcuni momenti “memorabili” non è semplicemente una moda né un'opzione radicale per chi desidera disintossicarsi dai social; è una vera e propria filosofia di vita. 


La JOMO rappresenta un’opportunità per riscoprire il valore e la durata del tempo, così come lo definiva Henri Bergson. Il filosofo francese ci insegna a distinguere tra il tempo cronologico e il tempo vissuto, quello che sentiamo interiormente, che si dilata e si contrae in base alle nostre esperienze.


Una serata rimane pur sempre una serata; ciò che cambia è come scegliamo di viverla. Possiamo trascorrerla scorrendo i social e confrontandoci con le vite degli altri, oppure dedicarla a noi stessi, coltivando passioni e creando nuovi ricordi che non necessitano di essere condivisi.


Siamo talmente abituati alla frenesia quotidiana da dimenticare che esiste anche un modo più quieto di essere presenti, in cui non è necessario mostrare per sentirsi validi. Quando ci concediamo di rallentare, di restare nel silenzio e di non esserci — almeno per un po’ — la vita non si ferma; anzi, è proprio in quel momento che inizia davvero.


Nel tempo di quella pausa, priva di stimoli incessanti, impariamo che la solitudine può diventare una scelta consapevole e ricca di significato.


Il Silenzio come Atto di Libertà

Il silenzio possiede una forza che spesso trascuriamo. Ogni volta che spegniamo il telefono, decidiamo di non rispondere a una chiamata o restiamo in silenzio mentre il mondo ci esorta ad agire, stiamo compiendo una scelta. E questa scelta non è una rinuncia, ma una riconquista di noi stessi e della nostra intimità.


Henri Bergson ci ricorda che il tempo vissuto, quello della durata, è intimo e personale, e non può essere misurato con orologi o calendari. Non c'è nulla di più rivoluzionario che smettere di correre contro il tempo, di inseguire ogni attimo solo per documentarlo. 


Il tempo è l’invisibile tessitore della nostra vita. Non è composto di minuti, ma di esperienze che sentiamo e viviamo. Non è necessario essere ovunque per sentirci vivi; la nostra essenza più profonda risiede nelle pause, in quel tempo che non si misura con il nostro intervento sociale, ma con le emozioni che viviamo.


La JOMO rappresenta un ritorno alla verità di quel tempo interiore che non ha bisogno di essere condiviso. È un tempo che esiste per noi, che si dilata nei respiri profondi, nelle letture solitarie e nelle passeggiate senza meta. Il tempo che apparentemente perdiamo non è mai sprecato; è quello che ci restituisce la nostra vera essenza, permettendoci di riscoprire la bellezza del silenzio e della contemplazione.


La Gioia del margine: un nuovo modo di essere al mondo

Siamo così abituati a cercare il centro che spesso dimentichiamo che la vera bellezza si trova proprio ai margini. Qui, possiamo essere davvero presenti, senza l'ansia di dover fare o dover essere. Il margine è il luogo in cui ci riconciliamo con il nostro bisogno di silenzio.


La JOMO non è un atto di separazione dal mondo, ma un gesto di cura verso noi stessi. È una selezione consapevole di ciò che vogliamo davvero nella nostra vita, di ciò che desideriamo, senza farci distrarre dal rumore esterno. Abbracciare la JOMO significa imparare a dire no, senza sensi di colpa. Non si tratta di essere asociali, ma di preservare la propria energia e di scegliere con attenzione la qualità della compagnia, delle esperienze e della presenza.


Quando decidiamo di non partecipare, stiamo scegliendo il nostro benessere e la nostra serenità. È un invito a tornare a casa, non solo fisicamente, ma anche interiormente. È il coraggio di abbracciare il silenzio, di fermarsi senza paura, di non dover giustificare ogni istante. In questo spazio di libertà, possiamo riscoprire chi siamo davvero e come vogliamo vivere.


Riscoprire il valore dell’irrilevanza

Tutti da piccoli abbiamo sognato di diventare un cantante, un calciatore o qualsiasi altra professione che facesse sentire “speciali”. Ma questa visibilità non è per tutti e la JOMO ci riporta all’irrilevanza. 


Non quella che ci fa sentire inferiori, ma quella che ci restituisce la libertà di essere umili. L’irrilevanza non è più un valore ormai, ma dovrebbe diventare il nostro spazio di autenticità, dove non dobbiamo misurarci con le aspettative, dove possiamo semplicemente essere noi, in tutta la nostra semplicità. 


Nella gioia di non esserci, troviamo il vero lusso: il lusso di sottrarsi senza sensi di colpa, di vivere in un mondo che non richiede la nostra continua partecipazione. È il lusso di fermarsi.

La JOMO ci insegna che non tutte le esperienze ci appartengono. Non tutti i treni devono essere presi; perderne alcuni può arricchire i nostri pensieri, come scrive Riccardo Zanotti, e ha davvero un senso profondo.


Fermati ogni tanto. Prenditi un momento per riflettere su dove stai andando, qual è il tuo scopo e perché lo stai facendo. Goditi la gioia di non dover uscire ogni sera, di non dover essere sempre presente, e concediti il lusso di non sapere cosa fanno gli altri.


Per questo, e per mille altri motivi, il giorno in cui indosserò la mia corona, se non ci sarai, non saprai mai cosa ti sei perso. A un certo punto, è l’universo a farci trovare nel posto giusto, nel momento giusto, non dobbiamo solo esserci. 


V


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