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Quello in cui vi svelo un segreto

Ciao amici, questo è l’articolo in cui vi svelo un segreto.

Uno di quei segreti che non vi aspettereste mai da una come me. Spesso mi viene chiesto da dove derivi la mia sicurezza: la verità è che non lo so nemmeno io, è come se fosse una qualità innata, una qualità che è stata messa a dura prova negli anni.


Ho amato profondamente la scuola elementare, amici, compagni, sfide, giochi, esperienze: avevo l’impressione che le vacanze iniziassero a giugno e non finissero mai.

E poi le medie.

L’intervallo non era più così divertente, era quasi peggio che fare lezione: chiusi in quelle quattro mura, con la sola concessione di andare in bagno, sapendo poi che in quei 15 minuti regnava l’anarchia delle bionde, avrei preferito non farlo.


Tra tutte, il capo comandava con il pugno di ferro, aveva tanti bersagli, ma sicuramente io ero il suo preferito. Avevo già scritto di lei un po’ di anni fa, pochi lo sanno, è un segreto che ho custodito con molta gelosia. Mi piaceva chiamarla Melissa perché è un nome che senz’altro le si addice.


Capitanava la classe a mo’ di Mary Stuart e tutti la seguivano: le ragazze volevano essere lei e i maschi volevano semplicemente lei.

Io non le riconoscevo nulla di speciale: era sicuramente una bella ragazza, ma non di certo l’unica della classe; era intelligente, ma niente di eccezionale. Io a differenza degli altri, vedevo chiaramente le sue debolezze e il modo in cui provava a mascherarle mi portava a provare pena per lei, più che timore. Tutte le favole sulla sua famiglia agiata e sul suo purosangue nascosto in qualche scuderia svizzera, dicevano più di lei di quanto potesse pensare.


I miei voti, la mia musica, il mio aspetto, tutto giudicava di me. Avrei preferito essere invisibile, invece ci teneva a mettermi sempre al centro, anche a costo di spostarsi un po’ più in là. Molti ricordano ancora la ragazza pagliaccio diventata popolare sul gruppo whatsapp della classe di cui ovviamente non facevo parte, ebbene sì: ero io.


Quando lei e le sue ancelle realizzarono che non mi interessava la loro opinione si stufarono e smisero di invitarmi alle feste per deridermi, così nel video ricordo dei tre anni delle medie, la mia faccia semplicemente non comparve.


Ma non compatitemi amici, non ero io quella infelice, io stavo bene, avevo i miei amici fuori: finite quelle sei ore strazianti tornavo a casa a messaggiare con le persone di cui mi importava davvero e non avevo nemmeno bisogno di mettermi in bocca il suo nome, non era niente per me.


A ripensarci era velenosa, il suo scopo era evidentemente quello di ferirmi e farmi sentire sola perché non appartenevo a nessun gruppo della classe: non ero nerd, né vuota, né particolarmente intelligente, ma non stavo da sola.

Suonava la campanella e per un motivo o per l’altro ero sempre in una classe diversa dalla mia, le mie insegnanti non dicevano nulla perché sarebbe stato scomodo per loro affrontare l’argomento sul serio e a me andava bene così.


Ci ha provato a farmi sentire brutta, inutile dire che i suoi sforzi sono stati invani, mi guardo allo specchio e sono fiera della persona che sono, ancora di più della persona che ero: avere 11 anni e la maturità di non rimanere aggrappata a quelle brutte parole vuol dire tanto per me, quindi brava Vale.


La prima volta che ho scritto di Melissa, ho detto che tutti ne abbiamo avuta una nella vita, e se non fosse stato così, allora forse eravamo noi stessi a vestire i suoi panni. Dato che solo gli stupidi non cambiano mai idea, vorrei ricredermi. Non mi sono mai curata dei giudizi altrui, eppure la situazione spiacevole che ho affrontato, una situazione durata ben tre anni, è purtroppo molto comune e ha un nome: bullismo.


Mi sono sempre chiesta perché una bella ragazza come lei, sprecasse la sua intelligenza in questo modo, diventando piccola così. Non era un modello, a ogni critica metteva in mostra la sua pochezza e quella delle ragazze che la seguivano a ruota.


Io l’ho capito subito, ma se non fosse stato così? Se mi fossi lasciata trascinare nel suo vortice di cattiveria? Sarei una persona diversa oggi e non per forza migliore.


Pensiamo sempre che pronunciare le parole più pesanti ci possano far sentire più leggeri, ma questa leggerezza ci mette un secondo a svuotarci del tutto, e senza che ce ne accorgiamo, diventiamo il nulla.


V


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