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1 febbraio 2023

Aggiornamento: 26 nov 2024

"Ragazza di 19 anni trovata morta nell'Università"

Non è la prima volta che cerco le parole adatte a rendere giustizia a questa storia, perché questa non è solo un titolo di giornale, ma una vita che si è spenta a soli 19 anni.

Quanti di voi hanno 19 anni? Quanti di voi li hanno avuti? Lei come te aveva una famiglia, aveva dei progetti e come te, aveva delle difficoltà. Come ha recitato ieri sera Massimo Gramellini nel monologo finale “Se avesse avuto un braccio rotto, qualcuno se ne sarebbe accorto e l’avrebbe portata all’ospedale, ma la sua era una ferita interna”.

Le ferite interne sono più difficili da riconoscere, ma anche più difficili da ammettere e questo ci porta ai centinaia di commenti Instagram degli ultimi giorni.

I primi a parlare sono proprio gli (ex) studenti della IULM che lamentano la poca attenzione che si riserva alla salute mentale, tanto importante quanto quella fisica. Ex studenti che ricordano i vecchi tempi con una lacrima agli occhi, un po’ per nostalgia, un po’ per angoscia e stress dovuto ai ritmi imposti dall’ università.


Diversi sono i commenti che contestano i tre minuti di silenzio: “non bastano per contrastare la tossicità di questa università”, “perché la vita di una ragazza vale solo tre minuti di quella degli altri…” .


La rabbia vince ogni possibilità di sedersi e provare a razionalizzare. Ci sono grandi problemi nel sistema scolastico italiano a partire dalle medie fino all’Università, verità che nessuno ha mai osato discutere. Tutta la colpa ricade sull’Università IULM perché ha voluto dedicare 180 secondi alla scomparsa di una studentessa: il silenzio è segno di rispetto e in quanto tale non deve essere contestato.


Altri commenti incriminano persino i genitori della vittima come fonte di stress e pressione che avrebbe spinto la ragazza al suicidio: è un’accusa di un certo peso. Questo genere di ferite di cui non vediamo il sangue sono più complesse da manovrare, gli studenti che commentano dovrebbero saperlo. Sotto il post del 1 febbraio di @apriteilcervello un commento che punta il dito contro i genitori che non hanno fatto l’Università e che “non possono capire”: nasce un botta-risposta che termina con il ritiro del provocatore cancellando ‘le prove’. Giudicare una situazione familiare che non si conosce è sbagliato a priori, ma condannare un genitore che ha fatto ciò che ha potuto, è malvagio.


Come dicevo all’inizio, questa ragazza non era poi tanto diversa da te che stai leggendo, e tu sai che la scuola (o l’Università) può essere un ostacolo per la sanità mentale, ma sai anche che ci sono altri fattori che muovono la tua fragilità; così è stato anche per lei.


Il Corriere nella sua versione fa riferimento al biglietto lasciato dalla vittima in cui parla di altri fattori principali ai quali ricondurre i motivi del gesto, quindi è evidente che il fallimento degli studi di cui si parla (e per cui si incrimina il sistema), costituisce solo la punta dell’iceberg.


Quindi non date giudizi affrettati, informatevi prima di lasciare un commento e soprattutto lasciatevi aiutare.

VQ

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