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La canzone che parla di te

Aggiornamento: 5 nov 2023

Quando scopri una canzone che ti tocca nel profondo, diventa una parte di te.

La musica ha il potere di catturare emozioni, esperienze e sensazioni in un unico pacchetto armonico e dopo ventun’anni ancora mi stupisce. È come un tatuaggio sonoro: quando non ti rivedi più puoi provare a cancellarlo, ma lascerà sempre una scia dietro di sé.


Il periodo a cavallo tra ottobre e novembre è il più malinconico: il metronomo inizia a rallentare, le giornate sono più buie e i sentimenti più pesanti. Ricordi e persone vivono stretti in un piccolo cuore; così la melodia, le parole e le emozioni di una canzone si fondono con i ricordi dell'amicizia, creando un’associazione involontaria e perpetua.


Ma cosa succede se il rapporto si spezza per una causa più grande di noi?

Quella melodia che ci cullava la sera prima di andare a dormire, diventa un assordante inno alla tristezza e alla nostalgia che non ci fa prendere sonno.


Tremano le mani, la voce e le gambe. Al primo accordo appare davanti a noi un montaggio di tutta la nostra storia, dal primo incontro alla morte di quel legame inestirpabile.

Respiri a tempo, perché la tua apnea si è sintonizzata emotivamente con quella del cantante e non ci puoi fare niente. Arriva quella frase, quella che avete discusso insieme, quella che gli hai dedicato o peggio, quella che ha dedicato a te, e non ce la fai.


Ti chiedi perché, il come già lo sai: da un giorno all’altro non è più nella tua vita, tutto ciò che avevi tra le mani è sfumato in pochi secondi e non te lo sai spiegare.

Perché non c’è più?

Perché il tempo è sempre troppo poco?

Perché non poteva rimanere un altro po’?

Perché non ho detto tutto ciò che sentivo?


Perché ora non c’è più tempo.

Non c’è più tempo per le scuse, per le giustificazioni e tutto il resto. Ora tocca a te, a noi, convivere con questo dolore.

Quando ti guardi allo specchio e realizzi che non ci sarà più per te, ti chiedi: cosa mi resta di quello che è stato? Solo una stupida canzone, e la odi. Vorresti che non fosse mai stata scritta perché ora rappresenta tutto ciò che ti manca e fa schifo.


Le foto, i regali, i biglietti, butti via tutto nella speranza di sollevarti. Non ti rimane niente, ma le persone continuano a ricordarla, allora sbatti la porta e lasci tutto fuori.


Urli. Forte. Ti fa male la pancia, non ti reggi più in piedi. Ti siedi, stringi il buco dello stomaco e urli più forte. Strappi i vestiti per far uscire tutto ciò che hai dentro perché ti logora; disordini il tuo piccolo mondo, perché quell’ordine non ti appartiene, anzi, ti ha portato su una strada che non volevi.


Sei perso e sai che non sarai più la stessa persona, vorresti correre via ma più lontano vai, più ti rendi conto che il suo ricordo non ti lascerà mai. Allora fermati.

Fermati e raccogli tutto ciò che rimane, non puoi più combattere, non c'è più nessun premio in palio.

Prendi il telefono e digita. Ascolta. Soffri. Non puoi fare altro.

In quelle parole c’è tutto il dolore di cui hai bisogno per stare meglio. Ci vorranno anni, due, tre, forse sette, prima o poi la riascolterai e sorriderai perché la musica è così: le parole sono sempre le stesse, ma il loro peso cambia a seconda delle nostre necessità.


La musica è il pugno che ti colpisce, il complimento che ti lusinga, l’amica brutale, la lettera che non aspettavi, la bugia che saprai perdonare.


V


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