Anni d'oro
- Valentina Quaranta
- 4 dic 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 26 nov 2024
Metropolitana. M2. Odore di adolescenza, fretta e impazienza.
Mi guardo attorno e vedo la città di Milano rappresentata in ogni passeggero: una coppia anziana troppo orgogliosa per chiedere il posto, una giovane donna che si nasconde nelle pagine di un qualche scrittore russo sconosciuto per non sembrare banale.
Ma i miei preferiti sono quelli che guardano il vuoto, aspettando l’imminente futuro o i solitari con le lacrime agli occhi rimpiangendo quel passato che tanto manca.
Quanto li capisco.
Mentre penso e vedo tutto questo, nelle mie orecchie c’è il 2012. Sembra ieri, ma sono già passati 11 anni da quando pensavamo di aver scampato la fine del mondo mentre in radio c’era La Notte di Arisa perché si sa: i migliori brani non vincono mai.
Erano gli anni d’oro. Quello era il mio ultimo anno delle elementari, nessuno sapeva cosa fosse uno smartphone, almeno tra i miei amici; le canzoni si ascoltavano alla radio o su mtv. All’intervallo avevamo uno stereo, uno di quelli che era già vecchio all’epoca, sintonizzati su RTL eravamo sempre aggiornati sulle nuove hit, altri tempi.
Durante i viaggi di classe si parlava, si cantava tutti insieme, il maestro di tutti raccontava le storie da pullman (ho ancora le schede delle sue storie stampate sul mio vecchio quaderno di italiano), nessuno si isolava con gli auricolari, ascoltavamo tutti la stessa voce.
Chi lo aveva, comunque non poteva portarlo in gita e non sto certo parlando del telefono, ma di un mp3 piccolo solitamente bianco o nero, io lo avevo fucsia perchè ero già diversa.
Caricare la musica era un processo lungo e noioso, ma ne valeva la pena.
Scaricare prima sul computer fisso (fisso nel senso che era troppo pesante per spostarlo o infilarlo in uno zaino), tramite siti non del tutto legali, poi, con il cavo trascinare ogni traccia nel dispositivo. Non si poteva scegliere la canzone manualmente, non esisteva la riproduzione casuale e non c’era la possibilità di ascoltare solo il ritornello perché i tasti erano solo tre: pausa, avanti e indietro.
Io scaricavo le canzoni in ordine alfabetico e non vi dico quanti click dovevo fare per ascoltare Katy Perry.
Ascoltare la musica era una cosa da grandi: bisognava saper maneggiare quella che allora sembrava tecnologia avanzata e non sempre ne valeva la pena, in caso contrario si ascoltava quella dei genitori, che non era poi così tanto male.
A 10 anni vedevo in tv tutte queste adolescenti che ascoltavano la musica in radio e le invidiavo da morire, così per le feste Babbo Natale mi portò un piccolo stereo direttamente dall’Ikea: era fantastico. Anzi, è fantastico. Funziona ancora e lo uso qualche volta, in nome dei bei tempi in cui la musica incontrava la mediaticità solo grazie Sanremo e da qualche tempo anche con X Factor.
Tra coetanei si ascoltava bene o male la stessa musica, anche perché non c’era la concorrenza di oggi. I nuovi talenti puntavano tutto su youtube, non c’era altro modo per farsi vedere, uno tra questi il nostro amato Fedez, che ora non lo è più tanto, ma ai tempi vi assicuro che piaceva.
Allo stesso tempo, ricordo un grande rispetto ed educazione alla musica italiana e non: a scuola si studiavano i testi di Bennato, Dalla e tutti gli altri grandi artisti che hanno contribuito alla nostra storia. Ricordo le lacrime delle mie maestre nel 2009, il minuto di silenzio per il più grande performer della storia. Io c’ero.
Educare alla musica è un obbligo morale e la sua mancanza potrebbe costarci ben più dell’ignoranza. Nonostante tutti i cambiamenti che il mondo musicale ha subito in questi decenni, sono grata a tutti i programmi, che anche nella loro volgarità, permettono alle nuove generazioni di incontrare brani e autori importanti, non virali sui social.
Tornando a 11 anni fa, beh: erano altri tempi, altri mezzi, ma Katy Perry resta nella mia top 5 degli artisti più ascoltati. Con il tempo si è aggiunta qualche nuova voce, ma rimango sempre fedele agli anni 10 e a tutti quelli prima.
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