Spagna on the road: 4 città, 1 valigia e nessun Oki
- Valentina Quaranta
- 14 mag
- Tempo di lettura: 7 min
Mancano più di sette mesi al prossimo Capodanno, ma posso già dire con certezza che il 2025 è stato l’anno in cui più ho messo piede fuori dalla mia bolla.
Ho viaggiato tanto, da sola e in compagnia, cambiando latitudini, climi e fusi orari, ma con una sola, inamovibile costante: quando arriva il momento di fare la valigia, divento la persona più insopportabile del pianeta, o così dicono.
Lo ammetto, è vero. Ho bisogno di sapere cosa mettono gli altri in valigia, anzi, cosa metterebbero se fossero me.
Chiamate anonime in cui chiedo ansiosa quanti gradi ci saranno, meglio maniche lunghe o maniche corte con un cardigan? Tutto questo mentre ho sotto mano almeno tre dispositivi in grado di fornire l’informazione con due clic. L’ansia da bagaglio è il mio sport olimpico.
L’ultima crisi l’ho avuta a meno di 24h dalla partenza: un bagno di sudore mentre cercavo di capire come sopravvivere a un road trip nel cuore della Spagna. Una meta che desideravo da tempo – da quando, con convinzione assoluta e completamente sbagliata, ero convinta che Non può essere fosse ambientata lì.
Spoiler: non lo era. Ma poco importa, stavo per partire per la Spagna! Infondo era proprio lì, a due passi dall’Italia, da casa mia, eppure non ci ero mai stata.
In questo itinerario, ti porterò con me in quattro delle città più iconiche della Spagna: Barcellona, Cordoba, Siviglia e Malaga. Seguiremo con le mie sketchers la mia esperienza attraverso (dis)avventure, cultura e gastronomia.
Preparati perché come ogni mio viaggio che si rispetti, ci sono stati anche dei punti critici.
Prima tappa: Barcellona
Partita da Milano alle sette del mattino e dopo solo 10 ore in macchina, eccomi a Barcellona: la capitale della Catalogna. Non le ho dedicato il tempo che merita, lo ammetto.
Me la immaginavo diversa – più ordinata, meno turistica, forse più... Spagna. Invece è una bolla tutta sua, un eterno aperitivo con vista sul Mediterraneo. Ma c’è una cosa che ho capito subito: vivere a Barcellona dev’essere come essere in vacanza tutto l’anno. Non so se sia sostenibile, ma sicuramente è invidiabile.
La città è grande, energica e un po’ dispersiva, quindi se sei lì e non sai da dove cominciare, fidati: inizia dalla Sagrada Família. Anche se l’hai già vista mille volte su Google, dal vivo è tutta un’altra storia. Un capolavoro incompiuto (come tanti di noi), mistico, gotico e futurista insieme – firmato da quell’architetto geniale e visionario che è stato Gaudí.
Poi, se hai ancora forze e memoria nella fotocamera, fai una passeggiata al Parco Güell. Lì l’architettura diventa gioco, colore, mosaico e magia. È praticamente l’asilo nido di un architetto sotto acido, e ovviamente, niente di più aesthetic, perfetto per ogni feed Instagram che si rispetti.
Con poco tempo a disposizione, ho dovuto fare delle scelte. E ho puntato tutto sulla sangria. Dopo un’analisi comparata, rigorosamente a stomaco pieno, sono arrivata a una conclusione: la migliore l’ho bevuta a Barcellona, in un ristorantino defilato, senza troppe pretese. Di quelli che non ti urlano “turista” in faccia, ma ti coccolano con il pane tostato al pomodoro e una selezione di tapas da far venire l’acquolina e con il senno di poi, anche l’alitosi.
Bilancio della tappa. Pochi monumenti, molta uva fermentata e una grande verità: Barcellona è un invito a rilassarsi, anche quando non ne hai il tempo.
Seconda tappa: Cordoba
Dopo Barcellona, il viaggio prende una piega decisamente più intima e introspettiva. Mille chilometri verso sud — praticamente come attraversare tutta l’Italia con la playlist giusta e qualche fermata tattica per rifocillarsi — e si arriva a Cordoba. Una città che non ti urla nelle orecchie come l’altra, ma ti mostra storie millenarie tra le pietre dei vicoli e il profumo di fiori colorati cadenti dai balconi.
Cordoba è una fusione perfetta di culture e civiltà racchiusa nella Mezquita-Catedral: un capolavoro dell’architettura moresca, secondo la guida, un abbraccio tra Islam e Cristianesimo che lascia a bocca aperta. Se vuoi viverla davvero, il consiglio è uno solo: vai al mattino presto, prima che arrivi la folla e si perda quella magica quiete da luogo sacro e sospeso nel tempo.
Se sei un’amante degli enigmi e della natura, perditi nel Quartiere Ebraico, la Judería. È un labirinto di viuzze lastricate e case bianche con persiane verdi e gerani alle finestre. Qui si trova una delle poche sinagoghe medievali rimaste in Spagna. Ti sembrerà di camminare in una cartolina d’epoca, con la differenza che puoi davvero sentire il rumore dei tuoi passi sul selciato e l’odore dei fiori nei patii nascosti.
Esteticamente è un paradiso: una passeggiata di salute per te e il tuo feed. Ogni angolo è uno sfondo perfetto per le tue foto con gli amici, anche se Cordoba è molto più di un set fotografico: è un luogo che si sente.
E poi c’è il cibo — perché, parliamoci chiaro, la spiritualità va benissimo, ma con lo stomaco vuoto dura poco.
Non siamo in Italia, ma la cucina sa come coccolarti. Se non hai appuntamenti romantici né paura dell’aglio, assaggia il salmorejo: una zuppa fredda, densa e cremosa a base di pomodoro, pane e aglio. In alternativa, per chi ama le emozioni forti e fritte, c’è il flamenquín: un involtino di carne impanato e fritto, spesso grande quanto un braccio. Difficile da dimenticare, in tutti i sensi.
Cordoba non è rumorosa, non ti seduce con effetti speciali. Ma ti resta letteralmente addosso, come il profumo dei fiori sui vestiti d’estate. È una bellezza silenziosa, ma potente e merita ogni chilometro percorso per arrivarci.
Terza tappa: Siviglia
Dopo Cordoba, il viaggio prosegue verso Siviglia, a solo un’ora e mezza d’auto. Appena il tempo di ascoltare due album completi di Marracash (con tanto di fase introspettiva inclusa) ed eccomi catapultata in una delle città più magnetiche di tutta la Spagna.
Siviglia è un concentrato di vita. Calda, colorata, teatrale. La città del flamenco e delle ombre fresche sotto le bouganville, ma anche dei giri turistici con 38 gradi all’ombra. Eppure, nonostante tutto, la ami dal primo passo.
Prima tappa obbligatoria: la Cattedrale di Siviglia, la più grande cattedrale gotica del mondo. Un capolavoro architettonico che sembra gridare: “guarda cosa sappiamo fare quando mettiamo insieme fede, pietra e ambizione”.
E mentre contempli le navate altissime e l’invasione di oro e luce, scopri che qui si trova la tomba di Cristoforo Colombo. O come lo chiamano qui, Cristóbal Colón. Sì, lo so, pare che sia nato a Genova, ma gli spagnoli lo reclamano come se fosse il cugino famoso. E noi? In silenzio a guardare.
Instagrammer all’ascolto, prendete nota: la cattedrale è più mistica che fotogenica, ma una soluzione ci sarebbe. Si dà il caso che esista una terrazza panoramica con una vista mozzafiato: la Giralda, la torre campanaria che domina la città. Quello che non vi ho ancora detto, è che in realtà, ti aspettano 35 piani di dislivello lungo un corridoio in pietra, stretto e in salita continua.
Chiariamoci: non è un’esperienza per i deboli di cuore o di polpacci. Se siete il tipo da ascensore per due piani o vi girano gli occhi già al terzo gradino, valutate con cautela. Altrimenti, zaino leggero, acqua, zucchero e un ventaglio a portata di mano, soprattutto se siete in zona tra aprile e settembre, quando il caldo di Siviglia è più intenso di un qualsiasi pomeriggio di agosto a Milano.
A Siviglia sono nascosti, e non troppo, luoghi fiabeschi in grado di creare un’atmosfera magica, come i giardini dell’Alcázar, il posto più romantico che vedrete in tutto il viaggio. Fontane, azulejos e siepi perfette: camminarci dentro è un’esperienza sensoriale, ogni angolo sembra il set di un amore segreto.
“Love is in the air”, cantava John Paul Young nel ’77 — forse dopo una passeggiata proprio qui. Non oso immaginare quanti primi baci, dichiarazioni sospirate o addii silenziosi siano stati confidati agli alberi e alle fontane di questo giardino.
Tappa finale: Malaga
Avevamo dei conti in sospeso, io e Malaga. Doveva essere la mia gita del liceo, di quelle in cui ti illudi di trovare te stessa e creare ricordi indimenticabili con i compagni con cui, non ci crederete, ma avevo un bel rapporto. Ma poi è arrivato il Covid — e con lui la valigia mai fatta, il mio sogno infranto e una playlist archiviata.
Cinque anni dopo, finalmente ci siamo incontrate, io e questa città. E che dire? È stato un rendez-vous intenso, sudato e vagamente polemico.
Per un’amante del mare come me, Malaga non poteva mancare all’appello. Eppure, è la città che mi ha fatto soffrire più di tutte: 25 gradi alle 9 del mattino, un’afa ostinata e quella maledetta farmacia che sembrava più un checkpoint militare che un rifugio per una povera turista in cerca di un Oki.
Spoiler: non me l’hanno venduto. Secondo loro serviva la ricetta, secondo me serviva solo un po’ di empatia.
Eppure Malaga mi ha mostrato il suo fascino, quello lento e sfrontato delle città costiere che sanno di poter contare sulla luce giusta e sul mare sempre presente. Riportatemi alle passeggiate mattutine sul lungomare.
In Italia la conosciamo (anche) per Picasso, i chiringuito sul mare che ti cambiano la giornata e, ovviamente, Ana Mena e le sue hit estive. Ma vi confesso che Malaga è molto di più. È una città viva, accogliente, solare – nel senso meteorologico ed emotivo del termine.
La Playa de la Malagueta è la tappa obbligata per chi vuole stendersi a prendere il sole, fare finta di leggere un libro e farsi tentare dai profumi che arrivano dalle bancarelle del lungomare.
Ma la vera chicca sono le sfilate di castelli di sabbia. E no, non parliamo di quelli fatti con secchiello e paletta. Questi sono veri e propri capolavori effimeri, scolpiti con una cura e una creatività che ti fanno sentire in colpa per aver calpestato anche solo un granello.
La Spagna è un paese che non si lascia semplicemente visitare — ti conquista, ti sfida, ti accoglie e poi ti manca, io ci tornerei domani. Questo itinerario è stato molto più di un viaggio: è stato un ritrovamento, di ciò che ho studiato tra i banchi, di ciò che immaginavo e di ciò che mi è stato raccontato.
Se c’è una cosa che ho imparato tra una sangria e una salita infinita, è che in Spagna la vita scorre un po’ più lenta, ma ogni momento è pieno, un po’ come nel nostro amato Sud Italia. Ogni pasto diventa un rito e ogni passeggiata un pretesto per perdersi, bagnarsi sotto un acquazzone improvviso, e poi ritrovarsi.
Buen viaje — e che sia solo l’inizio.
V

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