Quando una stella muore
- Valentina Quaranta
- 5 nov 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 26 nov 2024
Quando una stella muore fa male, diceva Giorgia, e aveva ragione.
Sabato 28 ottobre il mondo ha perso Matthew Perry, anche conosciuto come Chandler per la sua parte nella sitcom più iconica di sempre. Venerdì scorso amici e parenti si sono riuniti per un ultimo saluto; in sua memoria fan di tutte le età si sono trovati sotto il famoso palazzo della serie, dove Chandler coabitava prima con Joey, poi con Monica, lasciando fiori, pensieri, lacrime e un coro malinconico.
Il dolore unisce le persone, più dell’amore. Io non conoscevo Perry, ma è stato come perdere un amico e sono certa di non essere l’unica ad aver vissuto la notizia in questo modo. Pensate a quanto possa essere potente l’arte, la musica, il cinema, per far amare qualcuno al punto di piangere la sua morte, senza nemmeno il bisogno di conoscerlo realmente.
Il mondo ha perso tante stelle, che non dimenticheremo mai; da Freddy Mercury a Michael Jackson, Prince e tante altre.
Ma perché è così difficile elaborare un lutto che non viviamo in prima persona?
La risposta a questa domanda sono i neuroni specchio.
Si tratta di un tipo di neurone scoperto negli anni 90, particolarmente attivo nelle regioni del cervello coinvolte nell’empatia e nell’imitazione. Sostanzialmente significa che attraverso i neuroni specchio riusciamo a empatizzare con un personaggio o una qualsiasi persona anche se lontana dalla nostra realtà.
Sono quei bastardi che ci fanno piangere quando vediamo qualcuno che amiamo stare male e quella benedizione che ci fa sorridere se anche le persone a cui teniamo lo fanno.
Se con i nostri cari tutto ciò è mosso dall’affetto, l’amore sincero e un rapporto più o meno duraturo, con le celebrità è diverso. Quest’altro tipo di affetto si misura con l’ammirazione, l’identificazione o il rispetto.
Soprattutto da piccoli, ci aspettiamo che i nostri idoli aderiscano ai canoni etici che noi abbiamo pensato per loro, e quando nella loro vita privata si spezza questo incantesimo, il lutto assume un valore diverso.
Le stelle di quel calibro appaiono come supereroi moderni: hanno guadagnato milioni grazie alle loro passioni, hanno inciso i loro nomi nella storia della musica e del cinema meritandosi l’immortalità, poi tutto si spegne davanti a una striscia.
L’effetto dei vetri rotti alla notizia del lutto sembra portare con sé una sorta di delusione quando si parla di celebrità, ci porta a mettere in discussione gli stessi concetti di fama e immortalità. Abbiamo amato tanto Chandler, ma chi era Matthew? Conosciamo a memoria le canzoni dei Queen ma chi era Freddie Mercury?
-Morto di Aids -, - morto annegato - , - trovato in overdose - , è una responsabilità.
Non è quello che ci saremmo aspettati, non lo avevamo messo in conto, non potevamo prevederlo, ma la vita a volte fa brutti scherzi.
“Meglio morire in una Jacuzzi, così se muoio, almeno muoio felice”.
Ora ha un altro valore questa frase, vero?
Quel sorriso amaro ti rimane in bocca perché sai che essere Matthew Perry non è stato facile. Spegnere il cuore a 49 anni e riaccenderlo con un miracolo, per poi scoprire che anche le seconde possibilità non durano per sempre.
Nessuno vi ha detto che la vita sarebbe andata così, e anche se dovesse andare tutto male e vi sembrerà di essere sempre in seconda, tenetevi stretti gli amici veri, perché ci saranno per voi, come anche voi ci sarete per loro.
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